Giornalisti che presidiano il Mise per protestare contro i tagli della legge di Bilancio destinati a sostenere l’editoria. Un provvedimento dellesecutivo giallo-verde, appoggiata più dai 5Stelle che dalla Lega, che sta suscitando lira dei giornalisti italiani. “Noi non abbassiamo la testa davanti a nessuno, meno che mai di fronte al Governo”, commenta Raffaele Lorusso, segretario della Federazione nazionale della stampa in rappresentanza dei giornalisti in protesta. È deducibile elencare i quotidiani che potrebbero essere condizionate dalla manovra del governo di eliminare il fondo per l’editoria. Dall’Avvenire al Manifesto, dal Primorski dnevnik, giornale della minoranza di lingua slovena del Friuli-Venezia Giulia al Messaggero di Sant’Antonio. Il mensile appartenente ai clericali della Basilica di Padova ha dato notizia della sua chiusura e ora la redazione va avanti con gli otto dipendenti licenziati. Ma sulle altre spicca la vicenda di Radio Radicale che otterrebbe contributi minori per adempiere al compito di “servizio pubblico” che tutti gli attribuiscono. Anche perciò la Federazione nazionale della Stampa e l’Ordine dei giornalisti non hanno partecipato alla riunione organizzata dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio. “Quella di oggi non era una convocazione, ma una provocazione”, racconta Lorusso – “Ci è stato detto che si sarebbe parlato di equo compenso e precari”. “Ma, – invoca il segretario della Fnsi – come sarebbe stato possibile, considerando che nelle stesse ore al Senato si approva un emendamento che farà tagliare il fondo per l’editoria, facendo così chiudere principalmente molte piccole testate, che danno lavoro a 1000 colleghi”.Dopo gli attacchi subiti, continua Lorusso, “senza rispetto e legittimazione reciproca, non ci si può sedere al tavolo. Noi non abbassiamo la testa davanti a nessuno. Se si convocano parti definite sciacalli e altro, prima bisogna fare un passo indietro, chiedere scusa a quei colleghi che sono pronti a mettersi a rischio pur di non rinunciare a informare”.